Matteo Piselli
Consulente di
comunicazione
e marketing digitale
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Prima di raccontare l’esperienza milanese di Mecenauta alla scoperta di Shepard Farey, occorre contestualizzare la persona. Insieme a Banksy, Invader, Ben Eine, Os Gemeos e pochi altri ha reso la street art una forma d’arte globale.
Ha creato lo sticker Andre the Giant has a Posse che successivamente si è trasformato nella campagna artistica OBEY GIANT nel 1989, mentre frequentava la Rhode Island School of Design.
Nel 2008, il suo ritratto del candidato democratico Barack Obama è diventato un emblema di speranza internazionalmente riconosciuto, quest’opera è presente alla mostra di Milano, proprio all’ingresso.
Da sempre impegnato socialmente, è conosciuto anche grazie alla campagna globale We The People creata in occasione delle Women’s Marches del 2017.
Ha dipinto più di 135 opere murali pubbliche, diventando nel tempo uno degli artisti più ricercati e provocatori a livello globale, cambiando la percezione delle persone che parlano e si interessano di d’arte urbana.
OBEY: The Art of Shepard Fairey aperta dal 16 maggio al 27 ottobre 2024 negli spazi della Cattedrale presso la Fabbrica del Vapore di Milano, propone al pubblico l’opportunità di entrare in contatto con l’universo artistico di un artista impegnato e completo.
Per l’allestimento della mostra è stata selezionata la galleria Wunderkammern, punto di riferimento italiano della street art. L’importanza dell’evento è sancita dalla partecipazione del comune di Milano che ha perfettamente compreso l’importanza dell’artista.
L’esposizione è un viaggio visivo e concettuale di una collezione di opere prodotta in 35 anni e scelta personalmente da Shepard. Lo stile minimalista a nostro parere si ispira all’art déco e all’arte industriale russa, ma risulta comunque originale e sempre riconoscibile; i soggetti in tutte le sue opere invitano il pubblico a interrogarsi e ad assumere una posizione riguardo tematiche attuali di grande rilevanza.
Alle tematiche più rappresentative dell’arte di Shepard Fairey si ispirano le cinque sezioni della mostra milanese: propaganda, pace e giustizia, musica, ambiente e nuove opere.
Ognuno dei cinque percorsi offre un numero significativo di opere che danno la possibilità di immergersi completamente nella tematica trattata. Il rischio è quello di perdersi e non riuscire a concentrarsi nella visione dei particolari e dei significati espressi dall’artista.
La fabbrica del vapore è stata una vera fabbrica di materiale per ferrovie e tramvie che ha attraversato le due guerre mondiali, ma rifiutando sempre di convertire la propria attività in produzione bellica.
Scegliere questo luogo per la prima esposizione personale è in linea con l’impegno politico e sociale di un’artista da sempre in prima linea sui temi sociali.
Dovendo fare una scelta tra tutte le opere interessanti viste alla mostra la più significativa per me è “Make art not War” di cui ho una stampa a casa da anni e che è stata anche rieditata da Shepard in occasione della guerra in Ucraina, sostituendo il rosso originale con il giallo e il blu.
Vedere l’originale di una delle mie opere preferite ha largamente giustificato il viaggio a Milano, ma è soprattutto osservarla nel suo contesto, insieme a molte altre che affrontano lo stesso tema che ne amplifica la bellezza e l’impatto visivo.
Consiglio per tutti i visitatori: acquistate il catalogo, sono contenute tutte le opere in alta risoluzione, se fosse possibile consultatelo prima di visitare l’esposizione, se lo avessi fatto io, avrei operato scelte di approfondimento diverse, nonostante sia stato a osservare per 2 ore.
Non ho intenzione di mostrare qui altre foto scattate durante la mostra, se non quelle strettamente necessarie alla narrazione, l’esposizione va vista dal vivo, ma voglio soffermarmi invece su come Obey riesca sempre ad arrivare a persone diverse in luoghi di versi, con lo stesso messaggio.
Il tema principale della mostra è la pace, rappresentato dall’opera Tear Flame Peace, presente alla fabbrica, ma non solo lì: Obey ha attentamente programmato e preparato l’ambiente milanese per il suo arrivo, realizzando un gigantesco murale qualche giorno prima dell’inaugurazione, non un murale qualsiasi, bensì una versione da muro di Tear Flame Peace.
Il tema è sempre lo stesso, l’impatto visivo anche, ma a ogni versione aggiunge o toglie qualcosa, per lasciare un preciso messaggio. Nella versione murale al posto del mondo c’è la colomba della pace. Un’ulteriore versione è in vendita allo shop e ovviamente non ho potuto fare a meno di acquistarla e appenderla in salotto.
Riassumendo: Obey è arrivato a Milano, come ogni grande artista, ha contattato la scena street art locale e insieme a loro ha realizzato un murale strepitoso a Gallaratese, in piena periferia. Il murale è stato fotografato e condiviso da tutta la città e dalle testate di settore. La mostra è stata inaugurata e uno dei temi coincide con io nuovo murale, con l’opera originale esposta e con il poster dello shop, questo si che è promuoversi!
Durante la visita a Milano ho conosciuto di persona alcuni dei principali attori della scena street art a Milano, questo mi ha permesso di avere informazioni fresche sulle iniziative non ufficiali di Obey. Dobbiamo ricordare che il 54enne americano è uno street artist, il successo non cambierà questa sua attitudine, infatti…
La sera dell’inaugurazione della mostra Shepard Farey ha partecipato alla serata conviviale con il sindaco della città e i personaggi illustri della città, ma a luci spente, di notte, di nascosto non ha resistito, ha dovuto fare PasteUp.
I miei nuovi amici mi hanno avvertito e dato le posizioni dei poster, così ho potuto prendere la macchina e fare quello che più mi piace: andare a caccia di street art. Non vi darò le posizioni, probabilmente saranno già stati staccati, ma non importa, la street art è effimera, ma il messaggio rimane, Make art not War!
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